Perchè
La domanda che ci rende umani


Perchè i libri
Perché i libri?
Un libro è il tuo miglior amico. Sa parlarti quando ne hai bisogno e sa stare in silenzio, accanto a te, quando non hai voglia di ascoltarlo. È l'amico più costante e tranquillo, il consigliere più saggio e l'insegnante più paziente. I libri ci danno un senso di protezione: catturano, testimoniano, ci aprono nuove possibilità, ci spingono a pensare, dischiudono le nostre idee, ci lasciano fantasticare sulle storie e sui destini. E, soprattutto, svelano ciò che è nascosto dentro di noi. A volte, questo può inquietare.
Alessandro Baricco ha scritto: “Non ci perderemo mai veramente finché terremo dei libri in mano. Non tanto per quello che raccontano, ma per come sono fatti. Non hanno link. Sono lenti. Silenziosi. Lineari: procedono da sinistra a destra, dall'alto in basso. Non danno un punteggio. Iniziano e finiscono. Finché sapremo usarli, saremo umani ancora.”
Le pagine di un libro sono come calamite potenti, che ti catturano e rivelano qualcosa di te che non sapevi di avere. Come dice Vito Mancuso ne Il bisogno di pensare: “Non smettiamo mai di leggere quei libri che ci fanno riflettere sul mistero che siamo per noi stessi. Il libro diventa una sonda, capace di far emergere il nostro inconscio. Incontrare un libro significa sempre incontrare una parte di noi, toccare quell'enigma profondo della nostra esistenza e, in parte, svelarlo."
Marcello Veneziani, nel suo Imperdonabili, ci ricorda che un libro è come un tappeto di seta, elaborato a mano: più viene usato, più acquista valore. Anzi, non chiamiamolo "libro usato", ma "libro vissuto". Ogni lettore vi aggiunge uno strato di vita. I grandi libri sono come tappeti volanti: ci portano in alto, lontano, come per magia.
Le persone che ci vogliono bene sono quelle che ci fanno scoprire i libri più belli. Quando amiamo o stimiamo qualcuno, gli consigliamo i libri che abbiamo amato di più. Il libro è il regalo più educato e intelligente. Però, attenzione a prestarli: non sempre tornano indietro!
Kafka sosteneva che si dovrebbero leggere solo libri "che mordono e pungono". Un libro, diceva, "deve essere come un’ascia", capace di romperci da qualche parte, perché solo con una coscienza ferita possiamo diventare più sensibili.
Enzo Bianchi, fondatore della comunità di Bose, nel suo libro La vita e i giorni. Sulla vecchiaia, dice: “Vedere i libri allineati mi dà un profondo piacere e mi fa sentire meno solo. Quando ne scelgo uno, ogni gesto sembra un rito: una mano lo estrae, l’altra lo apre, e gli occhi leggono. È come una resurrezione: il libro giaceva immobile, ma, una volta aperto, torna a vivere, e la parola stampata diventa eloquente.”
Romualdo di Ravenna, fondatore dei camaldolesi, ci ha lasciato un buon consiglio: “Siedi sulla tua sedia come in Paradiso; scaccia il mondo intero dalla memoria e vigila sui tuoi libri come un buon pescatore sui suoi pesci.”
Dove ci sono i nostri libri, ci sentiamo a casa. I libri raccontano molte più storie di quelle che contengono. Una libreria casalinga ci dà un senso di protezione, diventa un luogo in cui vivere, soprattutto se c’è un angolo in cui sprofondare su una comoda poltrona.
Da sempre si scrive per passione, e il mondo dei libri è molto più ricco e vario di qualsiasi altro. Basta entrare in una libreria per farne esperienza. E le biblioteche? Adriano ci lascia un pensiero attuale: “Fondare biblioteche è come costruire granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire.”
Che altro aggiungere?
Si chiama libro. Si può leggerlo senza bisogno di uno schermo. Le pagine sono tutte accessibili e non scompaiono in caso di mancanza di corrente. È più leggero di un portatile. Non sarà obsoleto il mese prossimo. E lei può anche prestarlo a suo padre senza dovergli spiegare come usarlo. Massimo Recalcati, A libro aperto – Feltrinelli
Perchè leggere
Ho a volte sognato che il giorno del Giudizio Universale, quando tutti i condottieri e avvocati e uomini di Stato arriveranno in cielo per ricevere le loro ricompense. Quel giorno, l’onnipotente guarderà San Pietro e gli dirà, non senza una traccia d’invidia nel vederci arrivare con i nostri libri sotto il braccio: Questi non hanno bisogno di ricompensa. Qui non abbiamo niente per loro. Sono quelli che amavano leggere.
Virginia Woolf
Perché leggere?
I libri sono fatti di parole, e le parole richiedono attenzione. Non solo per il loro significato, origine ed evoluzione, ma perché si intrecciano in frasi e pensieri che danno vita a nuovi significati. Alcuni sono letterali, altri simbolici, ma tutti vanno oltre la semplice comunicazione: diventano espressioni di idee artistiche, letterarie, filosofiche o scientifiche. Questi significati cambiano nel tempo e nello spazio, influenzati dagli eventi storici e dalle trasformazioni geopolitiche. Interpretarli significa inserirli in un contesto, ovvero leggere nel senso più profondo del termine.
Un vocabolario limitato e impreciso ci allontana dalla realtà: non riusciamo a dare voce ai nostri pensieri né a comprendere quelli degli altri. Un paradosso, in un'epoca in cui la comunicazione è centrale. Le parole dei libri hanno un loro ritmo: ci invitano a fermarci, a riflettere. È in questa pausa che le parole si fanno nostre, si depositano dentro di noi. Imparare significa proprio questo: acquisire ciò che leggiamo, farlo nostro, senza dover dipendere da aiuti esterni, spesso temporanei e incompleti.
Non leggendo più, perdiamo le parole. Ma per leggere, dovevamo prima capire le parole. Questo era l'obiettivo del lavoro scolastico: far comprendere le parole di un libro, esercitare la capacità di comprensione – letterale, simbolica, storica – e strutturare il pensiero in modo logico. Tuttavia, questo lavoro sulle parole non si fa più, come osserva la professoressa Paola Mastrocola nel suo libro Togliamo il disturbo. Lei spiega: "Per tante ragioni, la scuola ha scelto di non fare questo lavoro. Ne avrà fatti altri, certo, ma non questo. Ora abbiamo ragazzi incapaci di leggere Tasso e molti altri autori complessi. Forse è per questo che non li leggono." Mi viene in mente Pascal, che diceva che partecipare ai riti religiosi aiuta a diventare credente. Geniale! Non vai a messa perché sei credente, ma per diventarlo! Allo stesso modo, non vai a scuola perché adori leggere Torquato Tasso, ma per imparare a farlo, e forse un giorno adorarlo. È a forza di andare a messa che si diventa credenti!
Sappiamo bene che la lettura non è un esercizio facile. Implica pensiero, applicazione, pazienza, concentrazione e solitudine. Quando siamo davvero impegnati nella lettura, non ci limitiamo ad assorbire contenuti, conoscenze o storie. Un buon libro ci scuote, perché in esso troviamo risposte o domande che attraversano la nostra vita.
Prendete un libro: nessun abbraccio umano è tanto grande. I libri sono luoghi dove le persone si incontrano e si confrontano, spazi immateriali fatti di parole. Leggere ci trasporta lontano, possiamo andare ovunque senza mai lasciare la nostra sedia. Tuttavia, il libro non è trendy. Non fa status leggere, mentre apparire, essere presenti ed esternare sì. Ascoltare e leggere, invece, sono come vitamine da assumere in piccole dosi quotidiane, e fanno bene. Come dice Severino Cesari: "Le parole sono farmaci a dosaggio personale."
Leggere cura i disturbi quotidiani più comuni, in particolare sviluppa la resilienza. Oggi tendiamo a non tollerare la difficoltà: tutto deve essere semplice, veloce e facilmente digeribile. Concordo con Stephen Covey, che sottolinea: "Nella maggior parte dei casi, le persone non ascoltano per capire. Ascoltano per rispondere." La televisione è il modello di questa mancanza di pazienza: invece della complessità, ci espone a un gossip culturale. Al contrario, la letteratura è la casa del particolare, del complesso. Ci sono libri che fanno vacillare certezze e ci costringono a dolorose riconsiderazioni. Ci sono libri che ci sfidano e, nostro malgrado, ci cambiano.
La lettura è un incontro: quando apriamo un libro, non siamo noi che leggiamo, è il libro che ci legge. Cosa significa? Un libro ci legge quando ci risponde, ci chiama, svela i nostri fantasmi, ci tocca profondamente. Certi libri non raccontano solo altri mondi, ma rivelano ciò che già sapevamo a livello inconscio, ma che non avevamo le parole per esprimere.
Vito Mancuso, ne Il bisogno di pensare, osserva che spesso si chiede: "Qual è il libro che ti ha cambiato la vita?" La sua risposta è brillante: "Se un singolo libro ti cambia la vita, vuol dire che sei un idiota... o che hai letto solo quello." Aggiunge poi: "Sono tanti i libri che ti cambiano la vita, molto diversi tra loro, che te la cambiano e te la fanno cambiare ancora, in un senso e nell’altro."
A volte, non è necessario leggere un libro per intero, o leggerli tutti. Basta sapere di averli, come un prezioso tesoro sempre disponibile. La lettura deve servire il pensiero, non sostituirlo. Leggere è importante, perché senza l'incontro con i grandi libri il pensiero resta ingenuo, ma più importante è rileggere. Ancora più importante del rileggere è riflettere su ciò che è stato letto, fino a pensare autonomamente e creativamente. Infatti, vale solo ciò che pensiamo da noi stessi.
Se ci accorgessimo di aver trovato tutte le risposte, Oscar Wilde ci smonterebbe simpaticamente, suggerendo che, se abbiamo risposte a tutto, forse le nostre domande non erano giuste!
C’è chi dice che la lettura sia un’attività egoistica, ma è un errore. Leggere educa, allarga la nostra visione del mondo, ci aiuta a comprendere gli altri e ad essere più tolleranti. Molti autori hanno descritto meravigliosamente il mondo della lettura. Ecco altre riflessioni:
- Virginia Woolf: "Leggere è aprire la porta a un'orda di rivoltosi che attaccano da venti punti contemporaneamente."
- Antonio Lobo Antunes: "Il libro è qualcosa che mettiamo contro un orecchio per udire il rumore del mondo; ciò che conta di più sono gli spazi bianchi tra le parole."
- Fernando Savater: "Un libro lo puoi leggere quando vuoi, senza bisogno di essere rispettoso: puoi sbadigliare o ridere se ti va."
- Benedetta Cibrario: "Leggere ti separa dalla confusione. La lettura restituisce un centro alle cose, dà fiducia e sollievo."
- Daniel Pennac: "Il tempo per leggere, come quello per amare, dilata il tempo per vivere."
- Cesare Pavese: "Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, confermati sulla pagina."
- Eugenio Borgna: "Ogni libro che affronta le grandi questioni della vita non può non avere come orizzonti la solitudine e il silenzio."
- Enzo Bianchi: "La lettura è un pellegrinaggio, una fontana a cui ci si abbevera per conoscere e sapere."
Conclusione: leggere è un'esperienza che ci trasforma, che ci connette agli altri e ci apre alla complessità del mondo. Non solo ci arricchisce di conoscenze, ma ci invita a riflettere, a pensare e a crescere come persone.
Perchè scrivere
Non si scrive perché si vuole dire qualcosa, ma perché si ha qualcosa da dire.
William Faulkner
Perché scrivere?
Scrivere è un bisogno profondo, una necessità di dare forma ai propri pensieri, emozioni e storie interiori. Non si tratta di un semplice desiderio, ma di un'urgenza che nasce dall'interno. Scrivere diventa un mezzo per liberarsi, esplorarsi e dare un senso a ciò che si vive. Non scriviamo perché lo vogliamo, ma perché lo dobbiamo. Anaïs Nin affermava che i narratori raccontano solo la storia che li tormenta, quella che li costringe a metterla su carta. A volte, però, la scrittura è una malattia che porta alla salvezza: chi si ammala di scrittura guarisce dalla vita.
Scrivere può allontanare dalla realtà, eppure è anche un modo per penetrarne l'essenza più profonda. È un atto che collega anima, mente e mondo con un semplice tratto di penna. La scrittura offre una piccola immortalità, che non consiste nella fama presso i lettori, ma nella percezione, forse illusoria, di aver messo al sicuro una parte di sé, al riparo dal passare del tempo. Non è necessario essere letti per scrivere, ma leggere è fondamentale per poter scrivere: leggendo si inspira, scrivendo si espira.
Leggere le vite altrui non sminuisce chi vive la propria con passione e fatica quotidiana. Per chi trova nel lavoro una realizzazione personale, oltre che economica, esso rappresenta una condizione di benessere sociale. Ecco perché un libro che racconta il proprio percorso di vita, con i suoi alti e bassi, non è una gabbia, ma una finestra aperta su nuovi orizzonti.
Gadamer affermava: "Domandare è l'essenza stessa del pensare. Quando smetteremo di porre domande, smetteremo anche di pensare". Scrivere, allora, è un modo per rispondere alle domande della vita.
C'è una tradizione nel pensiero che ci rende, in misura diversa, conservatori. Scrivere è la nostra testimonianza, un’interpretazione della tradizione che ci aiuta a comprendere meglio il presente. Roger Scruton diceva: "Il vero conservatore non difende una fase storica né si arrocca nel passato, ma protegge la continuità, opponendo al culto del presente un passato e un futuro felicemente uniti".
Achille Campanile, con involontaria complicità, ci offre una spiegazione del perché si scrive: "I lettori sono personaggi immaginari creati dalla fantasia degli scrittori". Jonathan Franzen, invece, sostiene che "la prima cosa che la scrittura insegna è come stare da soli".
Piene Sansot, nel suo Sul buon uso della lentezza, racconta che spesso le famiglie degli scrittori cercano di proteggerli dalle distrazioni, dicendo: "Attenzione, sta scrivendo!". Per quanto mi riguarda, i miei familiari dovrebbero dire: "Sst, attenzione, sta sognando!".
Si parla tanto della crisi del libro, soprattutto in Italia. Tutti scrivono, ma pochi leggono. Credo, però, che non sia l'eccesso di parole a dover preoccupare, quanto la mancanza di buone idee. Lo storico Volpe ci ricordava che "la storia è scienza del procedimento e arte della narrazione, unione di rigorosa ricerca e capacità di raccontare".
Non ho inserito tutte le fonti che ho consultato per non appesantire il testo. Mi prendo la responsabilità di ometterle, confidando che gli autori coinvolti comprendano le ragioni della mia scelta e non se ne risentano.
Perchè tutto questo
Ci sono libri che nascono per il mercato e libri che nascono per il puro piacere della scrittura, della riflessione, della condivisione. La mia raccolta appartiene senza dubbio alla seconda categoria. Non è solo una serie di titoli, ma un viaggio attraverso idee, emozioni e passioni, un percorso che intreccia filosofia e sport, pensiero e movimento, in una forma moderna del classico dualismo greco tra mente e corpo. La Collana Ritagli (Alias: Aurelio Lanciaintesta) è un mosaico di riflessioni che negli anni ha esplorato concetti universali come la verità, il cambiamento, la fiducia e l’amicizia, con la sensibilità di chi scrive per comprendere e condividere. Ogni volume è un tassello che, insieme agli altri, compone un’immagine più grande, che osserva il mondo con curiosità, che gioca con le parole e con i pensieri, e che sceglie di lasciare una traccia non nei grandi numeri, ma nei cuori delle persone care. Almeno spero.
La stampa di questi libri avviene in proprio, in edizioni numerate da appena 100 copie, mai vendute, ma sempre donate. Un gesto che restituisce alla scrittura il suo significato più autentico: un dono di idee, un dialogo con amici e parenti, un rito che si rinnova ogni anno, soprattutto durante le festività natalizie. Non un’operazione commerciale, ma una piccola tradizione che porta con sé il valore dell’incontro. Dovrei collaborare con un editor, un grafico, un impaginatore, un correttore di bozze, un addetto stampa e un social media manager per la promozione. Invece, faccio a meno di tutti, tranne che della tipografia, che rimane fondamentale. Sono molto riconoscente alla Cimer, perché stampare 100 libretti all’anno non è un affare, ma un gesto d’amicizia. A questa dimensione più intima si affiancano i libri sportivi, che portano il mio nome e affondano nelle radici nella mia esperienza diretta. Dai primi passi negli anni ‘80 con Agenda So tutto basket fino ai titoli più recenti, i libri sportivi rappresentano un altro lato della mia identità: quella di un allenatore, di un osservatore attento del gioco, di un appassionato di tecnica e dinamiche di squadra. Anche la scelta di pubblicare su Amazon non ha uno scopo commerciale, ma è stata un’opportunità per comprendere il funzionamento dell’editoria digitale e della distribuzione online.
Nel complesso, ho fiducia che questa raccolta di volumi racconti chi sono: un autore autodidatta che scrive, ritaglia e stampa con libertà, senza pressioni esterne, per il solo piacere di esplorare e condividere. Una biblioteca personale e preziosa, non destinata ai numeri delle classifiche, ma alla qualità delle relazioni umane. E forse, in un mondo sempre più dominato dal consumo rapido dei contenuti, questa è la vera eccellenza: scrivere per il puro piacere di farlo, donare senza aspettarsi nulla in cambio, e lasciare un segno solo nelle persone che contano davvero. Soprattutto in Federico, Chiara e nella meravigliosa Bianca Maria.

